ABBAZIA BENEDETTINA E SCAVI DI TERINA
foto aggiornate Abbazia Benedettina
foto scavi abbazia Benedettina
ABBAZIA BENEDETTINA DI SANT’EUFEMIA LAMEZIA ORA LAMEZIA TERME : ‘’ In nomine Sanctae et Individuse Trinitatis , ego Robertus ,dei gratia Dux Apulise et Calabriae Siciliaeque,inter alias Ecclesias,quaesunt sub Monarchia Nostra, restauro uman quondam fundatam, sed malis habitatoribus dirum………….ecc.’’ Con queste parole inizia il diploma di dotazione dell’abbazia benedettina di Sant’ Eufemia (a pochi chilometri da Nicastro). Fatta costruire da Roberto il Guiscardo nel 1062 sul luogo ove sorgeva una antica chiesta (forse un Monastero greco), distrutta dai cattivi abitanti della zona, tale Abazia , nel corso di poche decine di anni , divenne uno dei più potenti e famosi centri monastici del Medioevo, la cui influenza religiosa , culturale e politica si estese a vaste zone della Calabria. Il primo abate fu Roberto di Grantmensil, già abate di S. Ebroulf in Normandia, cognato di Roberto il Guiscardo. Detto abate, cadetto della potente famiglia degli EEvreux, intraprese la carriera ecclesiastica, secondo il costume dell’epoca ,per necessità più che per amore della vita monastica . La vita del mondo doveva allettarlo molto di più che non la serena e tranquilla vita claustrale fatta di rinunzie e d’oblio. Abate di S.Ebroulf, partecipò attivamente alla congiura contro il duca Guglielmo di Normandia, detto il bastardo, finché costui, avuto in mano le prove delle insidie che gli si stavano tramando contro, non minacciò aspre vendette. A questo punto, il nostro abate stimò opportuno mettersi al sicuro e venne in Italia, ove i suoi compatrioti Combattevano vittoriosamente e, in compagnia di alcuni monaci Normanni. Roberto il Guiscardo lo accolse con grande affetto, e, approfittando del fatto che l’Abazia di S. Eufemia era stata da poco tempo utilizzata, decise di affidargliene la direzione. In questa nuova occupazione l’abate Roberto si tuffò con grande entusiasmo, tanto che in breve i frati da dodici salirono a oltre cento, quasi tutti provenienti dalla Normandia. Gli audaci cavalieri Normanni, ai quali era noto l’ Abate anche per il suo casato, fecero a gara nel colmarlo di privilegi e ricchezze. Il conte Ruggero, fratello di Roberto, tenne l’Abazia in grande considerazione accordandole terre, privilegi e onori. Guglielmo di Montreoil donò all’ abate, suo cugino, metà della città di Acquino, al possesso della quale ardentemente aspirava l’abate Desiderio di Montecassino! Per tale motivo i rapporti tra la nostra e la storica Abazia, per molto tempo non furono cordiali. Nel primo periodo di vita l’ Abazia visse la sua più splendida ora; ebbe onori e ricchezze, territorio compreso fra il fiume Amato e il Savuto, dal mare a Gizzeria e oltre, nonché Monasteri, Chiese, case coloniche e villaggi che si trovavano in quasi tutta la Piana, la appartenevano, compreso metà della città di Nicastro. Presto diventò una importante potenza feudale da non avere l’eguale in tutta la Calabria, e solo molto tempo dopo poté avere dei competitori nelle Abazie di Bagnara, Mileto, Corazzo e della Sambucina, con le quali fu quasi sempre in lite. Roberto il Guiscardo la predilesse in modo particolare, tanto che vi fece seppellire la propria madre Fredesenta ed era solito trascorrervi lunghi periodi di riposo. Anche il fratello Ruggero la tenne in grande considerazione, tanto e vero che, divenuto Re di Sicilia, nel latinezzare le Chiese, fino allora quasi tutte di rito greco, riorganizzò le gerarchie ecclesiastiche, chiamando ai Vescovili di Agrigento, Mazzara e Siracusa rispettivamente Gerlando, divenuto poi Santo, Stefano di Rouen e Ruggiero. Portò in Sicilia, sempre da S. Eufemia, anche Angerio, che fondò il monastero di Catania e poi divenne Vescovo di quella città. L’ Abate di S. Eufemia era ricca di molte e venerate Reliquie: il capo di S. Eufemia Vergine e martire, un braccio di S. Giovanni Battista, parte del braccio di S. Stefano Protomartire ed altre. Anche sotto gli Svevi l’ Abazia continuò a godere di favori e ad ingrandirsi; partecipò attivamente alle vicende religiose o politiche del tempo, schierandosi addirittura in alcuni casi con l’impero contro il papato. Si sa che l’Abate Riccardo nel 1197 fece da giudice unitamente a Bonomo, Arcivescovo di Cosenza, in una vertenza sorta fra i Monasteri di S. Giovanni in Fiore e quello di Caccuri per l’uso di alcuni pascoli in Sila. Nel 1240 Federico II intavolò trattative con l’Abate Giovanni circa la permuta di Nicastro con il casale di Nocera e il suo porto, ‘’ porto Nave Arata’’ e metà del casale di Aprigliano. Trattative lunghe e laboriose ma vantaggiose per i Benedettini di S. Eufemia, i quali ebbero così modo accrescere la propria potenza, acquistando l’accesso di boschi della Sila e lo sbocco a mare per i loro traffici.Con l’arrivo degli Angioini, il monastero incomincia la sua lenta, ma costante decadenza. Infatti ne 1268, al posto dell’Abate, compare u Priore, segno evidente della riduzione numerica della comunità religiosa. Tempo dopo, i Benedettini dovettero lasciare l’ Abazia per far posto ai Cavalieri Gerosolomitani (poi Cavalieri di Malta). Nel 1268 un Pietro de Mussac, priore Gerosolomitano di S. Eufemia, nel 1317 Falcone Pancapalea, nel 1370 Manuele Chabant, 1449 Filarete Ruffo e nel 1463Giorgio Seripando ecc. Il Priorato di S. Eufemia ebbe sotto la sua Giurisdizione , oltre che il villaggio omonimo, la Chiesa si S. Maria in contrada Terravecchia di Nicastro oggi Villa Comunale, ex Piazza d’ Armi). Notizie più Particolareggiate si hanno del priorato di Fra Signorino Gattinara, e perché più vicino a noi nel tempo e perché si ebbe il terribile e rovinoso terremoto (1638 ), che tanti lutti e distruzioni arrecò alla Calabria tutta, ma in particolare alla Piana epicentro dello stesso. Detto terremoto fece crollare pure l’ Abazia, anzi u testimone oculare lasciò una descrizione nella quale tra l’altro diceva che nelle fabbriche si formò una specie di lago ed era impossibile avvicinarvisi a causa del puzzo pestilenziale che emanava; questo fetore durò moltissimi giorni. Il priore Gattinara, per alleviare le sofferenze degli scampati, fece costruire su una collinetta poco distante ventotto case in muratura, una Chiesa e molti ‘’ pagliari ’’. Così sorse l’attuale villaggio di S. Eufemia Vetere . In questo abitato rimodernato nel 1931 durante le opere di bonifica della Piana, si possono ammirare sulla facciata della Chiesa lo stemma del Gattinara e sul piazzale i resti di quattro colonne di marmo e granito provenienti dalla vecchia Abazia. Nell’interno della chiesa si nota una lapide di marmo, ritrovata nei primi del 1900 tra i ruderi, fatta murare in una parete da Mons. Valensise, Vescovo di Nicastro. Una iscrizione in latino attesta che in origine detta lapide chiudeva una nicchia contenente la Reliquie di S. Eufemia e di altri Santi. (Aldo Rocca, storia Abbazia fino ai lavori di restauro) si ringrazia per il contributo FERNANDO MURONE