GERUSALEMME L’EDICOLA DELL’ASCENSIONE AL CIELO

L’Ascensione al Cielo conclude la permanenza visibile di Gesù sulla terra. Il termine ‘Ascensione è perché  Dio abita in un luogo superiore e l’uomo per incontrarlo deve elevarsi, salire. Nella Bibbia, i riferimenti al ‘salire’ sono tanti e continui e quando Gerusalemme prende il posto degli antici santuari, le folle dei pellegrini ‘salgono’ festose il monte santo; “Ascendere” a Gerusalemme, significava andare a Iavhè, e il termine, obbligato per la posizione geografica, veniva usato sia dalla simbologia popolare per chi entrava nella terra promessa, “salire” alla città santa. Nel Nuovo Testamento Gesù ‘sale’ a Gerusalemme con i genitori, quando si incontra con i dottori nel Tempio e ancora ‘sale’ alla città santa  prima dell’elevazione” sulla croce e della Ascensione. I Vangeli di Matteo e di Giovanni non parlano di ascensione ma terminano con il racconto di apparizioni posteriori alla Resurrezione. Marco finisce dicendo: “Gesù… fu assunto in cielo e si assise alla destra di Dio” (XVI, 10); così Luca: “Poi li condusse fin verso Betania, e alzate le mani, li benedisse. E avvenne che nel benedirli si staccò da loro e fu portato verso il cielo” (XXIV, 50-51). Luca negli Atti degli Apostoli (1, 11), colloca l’Ascensione sul Monte degli Ulivi, al 40° giorno dopo la Pasqua e aggiunge: “Detto questo, fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: “uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato tra di voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo”.

Luca specifica che Gesù dopo la sua passione, si mostrò agli undici apostoli rimasti, con molte prove, apparendo loro per quaranta giorni e parlando del Regno di Dio; il numero di ‘quaranta giorni’ è denso di simbolismi e ricorre spesso negli avvenimenti del popolo ebraico errante e anche con Gesù che digiunò nel deserto per 40 giorni.

L’Ascensione secondo Luca, avvenne sul Monte degli Ulivi, quando Gesù con gli Apostoli ai quali era apparso, si avviava verso Betania, dopo aver ripetuto le sue promesse e invocato su di loro la protezione e l’assistenza divina, ed elevandosi verso il cielo come descritto prima (Atti, 1-11).

Il monte Oliveto, da cui Gesù salì al Cielo, fu abbellito da sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino con una bella Basilica; verso la fine del secolo IV, la ricca matrona Poemenia edificò un’altra grande basilica, ricca di mosaici e marmi pregiati, sul tipo del Pantheon di Roma, nel luogo preciso dell’Ascensione segnato al centro da una piccola rotonda. L’Ascensione raccontata da Luca, Marco e dagli Atti degli Apostoli, non si riferisce al primo ingresso del Salvatore nella gloria, quanto piuttosto all’ultima apparizione e partenza che chiude le sue manifestazioni visibili sulla terra. L’intento dei racconti dell’Ascensione non è quello di descrivere il reale ritorno al Padre, ma di far conoscere alcuni tratti dell’ultima manifestazione di Gesù, una manifestazione di congedo, necessaria perché Egli deve ritornare al Padre per completare tutta la Redenzione: “Se non vado non verrà a voi il Consolatore, se invece vado ve lo manderò” (Giov. 16, 5-7).

Il catechismo della Chiesa Cattolica dà all’Ascensione questa definizione: “Dopo quaranta giorni da quando si era mostrato agli Apostoli Cristo sale al cielo e siede alla destra del Padre.” Il recinto, entro cui è racchiusa l'edicola dell’ascensione, sorge sui resti della costruzione crociata ed ha la forma di un ottagono. Nel 1200 l'edicola fu chiusa in alto ed è giunta così fino a noi. All'interno è venerata da una tradizione cristiana e musulmana (la fede musulmana ammette l'ascensione di Gesù, ma non la sua morte e resurrezione) una pietra, isolata nel pavimento, sulla quale si vuol vedere l'impronta del piede sinistro di Gesù; sul luogo dove Gesù fu visto per l'ultima volta dagli apostoli, è bello ricordare le espressioni finali del vangelo di Matteo: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20).
Dato che il santuario è di proprietà islamica, non è possibile condurre un’esplorazione archeologica completa anche se la parte orientale appartiene ai francescani, ai greci e agli armeni ortodossi

Paolino di Nola (403) e Sulpizio Severo (405) raccontano che i costruttori dell’edificio non riuscirono a livellare e pavimentare il luogo dove Gesù aveva posati i piedi, perché furono continuamente disturbati e interrotti da una serie di fatti prodigiosi: per quanto facessero, le impronte dei piedi di Gesù affioravano sempre. Con l’invasione islamica fu fatta togliere la croce sulla sommità del santuario; tuttavia, anche se in forma ridotta, si continuarono a compiere i pellegrinaggi liturgici. L’edificio però andò progressivamente in rovina, ma verso il 1120-1170 i cristiani di Gerusalemme posero mano a un restauro.

Il santuario fu modificato durante il periodo dei crociati, quando una parte fu trasformata in convento dei Canonici Regolari di Sant’Agostino. Nel XIII secolo, i musulmani distrussero tutti gli edifici, tranne la cappella centrale – quella che è arrivata fino a noi e successivamente innalzarono a fianco una moschea. Benché il luogo faccia parte anche oggi delle proprietà dell’istituzione religiosa islamica , per la solennità dell’Ascensione è permesso celebrare lì la Santa Messa per un diritto che i francescani della Custodia di Terra Santa ottennero dalle autorità ottomane.
"Mi commuovo pensando che, in una finezza d'amore, se ne è andato ed è rimasto; se ne è andato in Cielo e si dona a noi come alimento nell'Ostia santa. Sentiamo tuttavia la mancanza della sua parola umana, del suo modo di agire, del suo sguardo, del suo sorriso, del suo operare il bene". San Josemaría Escrivà poneva spesso l’accento sul commiato del Signore: “come gli Apostoli, restiamo ammirati ma anche un po' tristi costatando che ci lascia. Certo, non è facile abituarsi all'assenza fisica di Gesù. Ed ecco, mi commuovo pensando che, in una finezza d'amore, se ne è andato ed è rimasto; se ne è andato in Cielo e si dona a noi come alimento nell'Ostia santa. Sentiamo tuttavia la mancanza della sua parola umana, del suo modo di agire, del suo sguardo, del suo sorriso, del suo operare il bene. E si separa da noi per tornare al Cielo. Come non sentirne la mancanza? (
È Gesù che passa, 117).

Una buca nel pavimento lascia vedere la roccia da cui, secondo la tradizione, Gesù ascese al Cielo. Nella stessa udienza, il Papa traeva un insegnamento anche dal luogo scelto dal Signore per congedarsi: “L’Ascensione di Gesù avvenne concretamente sul Monte degli Ulivi, vicino al luogo dove si era ritirato in preghiera prima della passione per rimanere in profonda unione con il Padre: ancora una volta vediamo che la preghiera ci dona la grazia di vivere fedeli al progetto di Dio” (Papa Francesco, Udienza Generale, 17 aprile 2013). San Luca annota che gli apostoli, dopo essersi separati dal Signore, tornarono a Gerusalemme con gioia grande (Lc 24, 52). Questa reazione si spiega solo con la fede, con la fiducia; i discepoli hanno compreso che, per quanto non lo vedranno più, Gesù «resta per sempre con loro, non li abbandona e, nella gloria del Padre, li sostiene, li guida e intercede per loro” (Papa Francesco, Udienza Generale, 17 aprile 2013). All’interno dell’edicola crociata dell’Ascensione, al centro, si mostra ora protetta da un vetro, una pietra che  secondo un’antichissima tradizione, recherebbe le impronte dei piedi di Gesù, lasciate al momento dell’Ascensione. Oggi questa pietra è ancora visibile ma una delle due impronte è quasi scomparsa perché i pellegrini le raschiavano per portar via un po’ della loro polvere.

GIAMPIERO SCARPINO

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