GIOACCHINO DA FIORE - DANTE - SAN BONAVENTURA DA BAGNOREGGIO CANTO XII PARADISO (139-141)

Non c'è da stupirsi se il sommo poeta decide di collocare Gioacchino da Fiore in Paradiso tra gli Spiriti Sapienti , nel IV Cielo del Sole ,perennemente illuminati dalla visione della Trinità. le anime luminose degli spiriti sono disposte in modo da formare due corone concentriche .ciascuna dodici Beati . All’arrivo di Dante e Beatrice da una delle due corone si ode la voce del domenicano Tommaso d’Aquino che biasima la degenerazione del suo ordine di appartenenza, dopo aver tessuto le lodi di San Francesco d’Assisi. Poi dall’altra corona si eleva la voce del francescano San Bonaventura che celebra la vita di San Domenico prima di lamentare la decadenza dell’ordine francescano. Sarà proprio San Bonaventura, che aveva accolto la lezione gioachimita, a presentare a Dante e a Beatrice lo spirito di Gioacchino da Fiore che gli siede accanto. " E lucemi dallato il calabrese abate Gioacchino di spirito profetico dotato (Par XIIvv139-141). Secondo l’interpretazione comune l’espressione dantesca “lucemi dallato” significherebbe “risplende al mio lato”. Interpretazione che appare semplicistica oltre che scorretta da un punto di vista grammaticale, dal momento che trasforma un pronome personale in un aggettivo possessivo. Parrebbe più attinente all’intenzione di Dante la seguente parafrasi “La sapienza di Gioacchino mi illumina”, che mira a elogiare l’eccellenza e il brillante acume del suo ingegno. Oltre alla presenza fisica dell’abate calabrese, in tutta la  Commedia è fortemente avvertibile il suo pensiero. Come avviene nel XXXIII Canto del Paradiso quando Dante ammira le tre Persone della Trinità, illustrandone il mistero mediante una mirabile rappresentazione che si rifà all’immagine dei tre cerchi trinitari disegnata da Gioacchino da Fiore nell’undicesima tavola del Liber figurarum e descritta nell’Expositio in Apocalypsim. Una figura che riassume i fondamenti della sua dottrina.

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