"Agiamo nel nome ed nell'esempio del maestro di tutti i cattolici nicastresi ,un vero Santo !"
Don Saverio Gatti
Lascio alla Diocesi di Nicastro
tutto quello che io possiedo in beni immobili ed in danaro per la costruenda
casa “Domus Bethaniae" dove la comunità dei giovani possa realizzare una
responsabilità ed una maturità ecclesiale.
7 GATTI
S., Atti Processi I semestre 1851, Archivio storico Catanzaro, p. 941.
Don Saverio Gatti nacque a Nicastro l'11 Gennaio del 1922 . Don Saverio portava il nome di uno zio farmacista, a cui era molto legato, il quale aveva sempre provveduto al mantenimento della famiglia dopo la perdita del padre. Da lui aveva ereditato la sua passione per la musica, ed un vecchio pianoforte su cui suonava sempre. Fu delicato compositore e brillante esecutore, doti che evidenziava soprattutto quando suonava l’organo in Cattedrale. Entrò nel Seminario Vescovile di Nicastro nel 1934 insieme ai fratello Gianni, magistrato, che mori giovanissimo, e che lui ricordò sempre con profondo rimpianto. Nel suo diario così scrive: “anniversario della morte di mio fratello Giovanni: trentadue anni! Nella linea della volontà del Padre, tutto è bello, perché tutto è buono. Gli avvenimenti della vita ci parlano del tuo amore. Tutto è grazia!”8. Nel 1938 passò, poi, nel Seminario Reggio Calabria, non trascurando, però, la famiglia verso la quale nutrì un perenne sentimento di intenso amore e gratitudine. Dal Seminario scriveva spesso alle sorelle e alla madre.
Reggio Calabria 05
.04.1 943
Carissimi,
Vi abbraccio
Nel Seminario visse nella
preghiera e nello studio con impegno e frutto. Venne ordinato Presbitero il
29 Giugno del 1945 e subito fu nominato vice parroco della Cattedrale. Erano
gli anni difficili del dopo guerra, anni di sacrificio ma anche di grandi
ideali umani e politici. Don Saverio, come in ogni momento della sua vita,
non si tirò indietro e fu tra i sacerdoti che coordinarono il comitato
civico in diocesi. La sua parola, come sempre, seppe essere forte e
appassionata, tanto da suscitare l’ira di un avversario, e Don Saverio seppe
per davvero, vivere il comandamento forse più duro del Vangelo:
all’avversario che gli tirava uno schiaffo, lui ebbe l’umiltà di porgere
l’altra guancia
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Pagina offerta dal sito Amici Francescani aggiornata 22 Novembre " Il Signore ti dia Pace"
Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore. Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acòr in porta di speranza. Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d'Egitto. E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - mi chiamerai: Marito mio, e non mi chiamerai più: Mio padrone. (Osea 2.16,18)
«Quanto sono belli... i piedi del messaggero di buone novelle»(Isaia 52:7)
E come si arriva alla
proclamazione di un beato o di un santo?
Il cammino di una causa di beatificazione e canonizzazione prevede due fasi
successive:quella diocesana e quella romana.
La fase diocesana si svolge come un’inchiesta; semplificando lo scopo è quello
di riunire tutte le prove riguardanti una vita cristiana eroicamente vissuta,
l’esistenza e la consistenza di una vera fama di santità. Terminata
l’istruttoria, viene elaborata la copia autentica - in termini procedurali si
chiama Transunto - che contiene tutto il materiale raccolto nel corso delle
interrogazioni dei vari testimoni. Questa copia autentica - o Transunto - viene
inviata alla Congregazione delle cause dei santi la quale, una volta accertata
la validità giuridica del processo diocesano, dà avvio alla fase romana del
processo di beatificazione e canonizzazione. Per esempio si può iniziare il
processo di canonizzazione del servo di Dio in Diocesi e concluderlo a Roma,
nella sede della Congregazione delle cause dei santi dopo 10 anni. Si
tratta dunque di un processo lungo e meticoloso; una volta giunta la causa a
Roma, cosa succede? La fase romana comprende tutto un insieme di studi
approfonditi, coordinati dal relatore della causa, che porteranno alla redazione
della Positio sulla santità della vita del candidato alla beatificazione. In
particolare, un gruppo di esperti facenti parte della Consulta storica sarà
chiamato a pronunciarsi sul valore scientifico dei documenti pubblicati nella
Positio e dei loro specifici contenuti. La causa passa, in seguito, al Congresso
peculiare dei consultori teologi, che devono rispondere ai seguenti quesiti
fondamentali: se è provata l’esistenza di una vera fama di santità (senza la
quale sarebbe assurdo parlare di beatificazione e canonizzazione); se alla base
della suddetta fama di santità vi sia, in effetti, una autentica santità di vita
che ha raggiunto il grado eroico. Tutto passa poi all’esame del Congresso
ordinario dei cardinali e vescovi. Se quest’altro organismo si esprime
positivamente, approvando così il lungo e meticoloso lavoro dei consultori
storici e teologi, il prefetto della Congregazione porta tale risultato alla
considerazione del papa, che pronuncia l’ultimo e definitivo giudizio in merito
e decide dunque se procedere o meno alla beatificazione o canonizzazione del
servo di Dio. Secondo l’attuale normativa giuridica, per procedere alla
beatificazione di un servo di Dio non martire si richiede un miracolo operato
dal Signore per sua intercessione. Il miracolo è un evento straordinario che
supera le leggi della natura, che suppone un intervento speciale di Dio e che è,
allo stesso tempo, un segno ed una manifestazione di un messaggio di Dio
all’uomo. I miracoli possono essere fisici o morali, ma per le nostre cause e
necessario un miracolo fisico; e, se consiste in una guarigione, questa deve
essere istantanea, completa e duratura, oltre che inspiegabile secondo le leggi
della natura, alla luce delle attuali conoscenze mediche. La Chiesa esige dei
miracoli per la beatificazione e canonizzazione perché sono una sorta di
“timbro” che Dio appone sul suo servo, con cui garantisce la sua santità.
L’esame delle presunte guarigioni miracolose è compiuto prima sotto il profilo
scientifico, cioè è studiato dai medici; poi si pronunciano i Consultori
teologi, ai quali spetta dire se la guarigione, naturalmente inspiegabile
secondo i medici, è o no un vero miracolo, avvenuto per l’intervento del Signore
invocato per intercessione del servo di Dio o del beato. Anche nell’esame del
miracolo l’ultima parola spetta al Congresso ordinario dei cardinali e vescovi
e, infine, al sommo pontefice. La Chiesa ritiene che i beati e i santi
manifestano la vivacità delle Chiese locali, sono «il più grande omaggio, che
tutte le Chiese» rendono a Cristo Signore, «la dimostrazione dell’onnipotente
presenza del Redentore mediante i frutti di fede, di speranza e di carità [ossia
di santità] in uomini e donne di tante lingue e razze, che hanno seguito Cristo
nelle varie forme di vocazione cristiana».
E poi le canonizzazioni e beatificazioni hanno una grande importanza pastorale,
particolarmente sottolineata da Giovanni Paolo Il: non va infatti dimenticato
che una delle linee portanti del suo ministero è stata, sin dall’inizio, la
valorizzazione della santità, convinto come è che la «storia della Chiesa è una
storia di santità». La santità ha un ruolo centrale nella pastorale della
comunità cristiana: posto che, come scrive ancora una volta Giovanni Paolo II
nella Novo millennio ineunte, «fare programmazione pastorale è una scelta
gravida di conseguenze», lo stesso pontefice scrive che «la prospettiva in cui
deve farsi tutto il cammino pastorale è quella della santità».
(da un’intervista concessa a Palermo da S. Em.za il
cardinale José Saraiva Martins, prefetto della Congregazione delle cause dei
santi (29-6-04) -fonte:http://www.cardinalrating.com/cardinal_95__article_400.htm